I giovani tra TFR oggi e pensione domani


L’ampio dibattito autunnale sul Tfr in busta paga, provvedimento definitivamente approvato con la legge di stabilità e richiedibile dal marzo 2015, ha tra l’altro riacceso i riflettori sul ruolo della previdenza complementare italiana, soprattutto per i giovani lavoratori di oggi che accederanno alla pensione pubblica futura calcolata interamente con il metodo contributivo.

I giovani sono al centro anche dell’ampia riforma (il c.d. Jobs Act) avviata dal Governo Renzi sul mercato del lavoro. L’obiettivo è quello di intervenire sul versante delle politiche attive e passive e sulla disciplina dei rapporti di lavoro al fine di accrescere l’occupabilità e l’occupazione, le tutele in caso di perdita del lavoro e ridurre la complessità delle norme burocratiche. La misura più importante è l’introduzione del contratto di lavoro a tutele crescenti per i giovani che entrano nel mercato del lavoro e la promozione presso le imprese (con incentivi) del contratto a tempo indeterminato come forma privilegiata di contratto di lavoro.

Proviamo quindi a ragionare sulle prospettive future dei giovani, in che direzione vanno le riforme intraprese e i possibili loro effetti.

Partiamo dalla pensione futura. Con la riforma Fornero sulle pensioni si è sancito, a partire dal primo gennaio 2012, il passaggio definitivo e per tutti dal metodo retributivo a quello contributivo per il calcolo dell’importo della pensione futura. Già con la riforma Dini per coloro che hanno iniziato a maturare anzianità contributiva dal primo gennaio 1996 l’assegno pensionistico sarà computato secondo il metodo contributivo. Per intendersi, è sulle generazioni nate dagli anni ’70 in poi che peserà molto o completamente la nuova formula di calcolo (in parte mista, in parte totalmente contributiva) e che vedranno ridursi significativamente la pensione rispetto all’ultima retribuzione.

L’entità dell’assegno calcolato col contributivo sarà strettamente correlata a tre diversi fattori variabili: al tipo di carriera lavorativa e all’entità dei contributi accumulati, all’andamento dell’economia del Paese, che incideranno sull’importo, alle dinamiche demografiche, che incideranno sia sul calcolo sia sulla data della pensione. Tra questi il primo, in un certo senso, è il fattore sul quale il lavoratore ha più possibilità di azione. Per intendersi una vita lavorativa discontinua e/o caratterizzata da contratti atipici determina un minor importo della pensione dato da un lato dalla minor accumulazione di contributi e dall’altro dal minor valore dei contributi accumulati.

Cosa fare per evitare questo? Assicurarsi una carriera più continua e con contratti più “stabili” e poi è consigliabile una rendita integrativa, per chi volesse mantenere invariato il proprio tenore di vita. Le due cose sono correlate positivamente: niente lavoro o scarso guadagno, niente rendita integrativa. Ma prima ancora di tutto ciò, assicurarsi un lavoro. Perché è questo il nodo centrale della questione. La pensione dei giovani è a rischio innanzitutto perché non lavorano e la questione del Tfr in busta paga o meno passa in secondo piano. Qui si rischia di non avere neanche la pensione pubblica, figuriamoci pensare di accantonare un gruzzoletto integrativo!

Proporre un contratto più stabile, livelli contributivi più simili tra le varie tipologie contrattuali, livelli salariali adeguati, tutele nei momenti di disoccupazione e politiche di ri-collocazione più efficaci sono strumenti utili ad evitare di avere in un, non tanto remoto, futuro tanti poveri pensionati. E questa, per ora sulla carta, sembra la direzione intrapresa dal Governo con il Jobs Act.

E veniamo quindi al secondo punto. Tfr in busta paga o accantonamento per la pensione integrativa? In ogni caso la scelta spetterà al lavoratore. E chi sarà più tentato dal chiedere il Tfr in busta paga? I lavoratori e le famiglie a più basso reddito bisognose di credito. I giovani, solo però quelli che lavorano a tempo indeterminato, quindi sono i candidati ideali per optare per il Tfr in busta paga. Sono di contro anche coloro che avrebbero più bisogno di costruirsi una pensione integrativa futura, e da subito, e quindi quelli più penalizzati da questa scelta. Molti giovani una loro scelta, spesso forzata, la stanno già facendo tra Tfr oggi e pensione domani, scegliendo in qualche senso il Tfr oggi.

Ma allora, a parte i calcoli di convenienza o meno, che segnale si vuole dare? La necessità o importanza di costruirsi un secondo pilastro integrativo alla pensione pubblica per un buon avvenire o la possibilità di spendere subito quelle risorse e poi si vedrà? L’effetto immediato potrebbe essere quello di dare il colpo di grazia ad una previdenza integrativa, che già da sola stenta a decollare, non avendo la certezza che verranno raggiunti gli obiettivi del Tfr in busta paga, cioè quelli di rilanciare i consumi e anche anticipare entrate erariali.

Infine, giusto per farsi un’idea, da calcoli effettuati, un trentenne di oggi con un reddito attuale netto da lavoro dipendente di 2.000 euro otterrebbe una pensione pari al 59% (1.770 euro mese) dell’ammontare con un reddito salito nel tempo fino ai 3.000 euro. Questo in ipotesi di carriera continua e di una crescita del Pil media annua dell’1%. Ed è la prospettiva migliore. Un 30enne autonomo con un reddito di 1.500 euro mensili percepirebbe una pensione pari a 1.200 euro mese se il suo reddito nel tempo arrivasse a 2.500 euro per un tasso di sostituzione del 48%. Infine per un iscritto alla gestione separata e un reddito mensile che man mano salirà dai 1.000 ai 2.000 euro arriverà ad una pensione di 1.100 euro (il 55% dell’ultimo salario, cioè dei 2.000 euro).

Alcuni calcoli sono stati fatti anche riguardo al Tfr in busta paga o meno. Secondo le stime fatte il Tfr in busta paga porterebbe ad un incremento medio annuo della retribuzione tra il 5,5 e il 6,6%. Cioè per una retribuzione media mensile di 1.530 euro il lavoratore guadagnerebbe 1.313 euro all’anno. Se un lavoratore con una retribuzione netta mensile di 1.650 euro anziché continuare a versare il Tfr nella previdenza complementare lo ritirasse subito perderebbe il 13% di pensione integrativa per sempre.

 

Per approfondire:

DDL delega sulla riforma del mercato del lavoro (c.d. Jobs Act).

http://www.lavoro.gov.it/Priorita/Pages/20141009-DDL-Lavoro-Senato.aspx

LaVoce. TFR. Le cifre di una scelta importante

http://www.lavoce.info/archives/30873/tfr-cifre-scelta-importante/

LaVoce. TFR in busta paga: il gioco vale la candela?

http://www.lavoce.info/archives/31005/tfr-gioco-vale-candela/

Simulazioni sul calcolo della pensione futura

http://www.corriere.it/economia/corriereconomia/14_luglio_07/check-up-pensione-che-verra-cosa-direbbe-busta-arancione-b3aca468-05c0-11e4-9ae2-2d514cff7f8f.shtml

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