Il sistema produttivo veneto nella geografia dell’innovazione europea


È noto che l’Italia abbia bassi livelli di spesa per ricerca e sviluppo in rapporto a Pil: 1,3%, rispetto al 2,1% dell’Unione Economica e Monetaria (Uem) e al 2,9% della Germania (Tab. 1). Il Veneto si pone, addirittura sotto il valore italiano segnando un 1% (Fig. 2). Nel lungo periodo in termini dinamici l’andamento di questo indicatore è crescente (Fig. 1), soprattutto per il Veneto. Infatti se al 2000 la spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al Pil era del 1% per l’Italia e dello 0,5% per il Veneto, dopo il 2005 inizia una rapida crescita che porta quest’ultima all’1% nel 2008 quando l’Italia si colloca al 1,2%, e l’eurozona arrivava a segnare 1,9%. Poi la crisi economica ha congelato queste posizioni.

 

Fig. 1. Spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al Pil. Anni 2000-2011

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Fonte: elaborazioni su dati Istat

 

Se si disaggrega la spesa in ricerca e sviluppo in base al settore istituzionale risulta che in Italia, rispetto alla media dei paesi dell’Unione Economica e Monetaria , particolarmente basso è il dato delle imprese: 0,67% contro 1,35%. Le istituzioni pubbliche e le università sono meno distanti: rispettivamente 0,19% e 0,39% in confronto a 0,28% e 0,48% dell’ Uem (Tab. 1).

Gli stessi dati osservati utilizzando il numero di addetti in funzioni di ricerca e sviluppo in percentuale del totale occupati mostrano divari meno ampi (Tab. 1). In Italia l’1,6% degli addetti è impegnato in attività di ricerca e sviluppo, contro il 2% dell‘Uem ed il 2,1% della Germania, con un trend di crescita positivo e superiore alla media dell’eurozona.

Avere un basso livello di spesa per R&S e una più elevata quota di addetti in rapporto agli altri principali paesi europei significa che ogni addetto ha a disposizione meno risorse. In media in Italia ogni addetto alla ricerca e sviluppo ha a disposizione circa 50 mila euro, che salgono a oltre 62 mila nell’Uem. Particolarmente inferiori sono i dati nelle imprese e istituzioni pubbliche dove il divario è di circa 20 mila euro, circa un terzo in più delle risorse dedicate pro capite in Italia.

 

Tab. 1. Personale e spesa per ricerca e sviluppo per settore istituzionale

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Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

 

Se in Veneto la spesa in ricerca e sviluppo delle imprese si assesta sui livelli (bassi) dell’Italia, la spesa delle istituzioni pubbliche e dell’università è addirittura inferiore: rispettivamente 0,7% e 0,27% in Veneto, contro 0,17% e 0,4% dell’Italia (Fig. 2). Senza tirare in ballo le regioni tedesche, che godono di un modello per l’innovazione e ricerca profondamente diverso da quello italiano, anche confrontando questi dati con altre regioni manifatturiere il Veneto si colloca negli ultimi posti della classifica, distante anche dalle Italiane Piemonte ed Emilia Romagna.


Fig. 2. Spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al Pil per settore istituzionale. Anno 2011

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Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

 

Va detto che l’utilizzo di indicatori quali la spesa in R&S o il numero di brevetti comporta nelle statistiche ufficiali una sottostima dello sforzo innovativo, soprattutto dove dominante è la presenza di imprese di dimensione piccola e media, che tipicamente innovano senza registrare ufficialmente spese in R&S. In Italia come in Veneto l’attività innovativa è abbastanza diffusa tra le imprese, ma si caratterizza per un avanzamento innovativo meno marcato. Infatti in termini di richieste di registrazione di marchi e design l’Italia si colloca al quarto e secondo posto in Europa. Anche in termini di numero di imprese che fanno qualche tipo di attività di innovazione l’Italia mostra una quota del 56,1%, sopra la media Uem del 54,3%. Il Veneto addirittura segna percentuali del 58%, superiore al dato Italiano, ma anche a Piemonte ed Emilia Romagna (Fig. 3).

 

Fig. 3. Quota di imprese per tipologia di innovazione (% sul totale imprese). Anno 2012

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Fonte: elaborazioni su dati Istat

 

In termini di quota di aziende che fanno qualche tipo di innovazione, non sembra che la dimensione (con la esclusione delle piccole imprese, Fig. 4) e la specializzazione produttiva del Veneto e dell’Italia sia realmente un ostacolo. La loro struttura produttiva: piccole-medie imprese vocate al made in italy, porta ad abbassare il dato medio complessivo, ma nel confronto a parità di raggruppamento si evidenzia come la percentuale di “imprese innovative” sia vicina al dato tedesco e superiore agli altri grandi paesi.

 

Fig. 4. Quota di imprese con innovazione per dimensione (% sul totale imprese della stessa classe). Anno 2012

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Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

 

Al contrario sembrano limitare la capacità innovativa, la collaborazione ed il capitale umano. Infatti la modalità collaborativa è riconosciuta dalla letteratura come quella più adeguata a massimizzare il beneficio in termini di innovazione per tutti i soggetti coinvolti e di rafforzamento delle capacità innovative e competitive delle imprese di piccole e medie dimensioni, ed in generale di quelle meno in grado di realizzare processi di innovazione e di cambiamento. In Veneto solo il 10,8% delle imprese con innovazione di prodotto o processo collabora (Fig. 5), contro un dato italiano del 12,5% ed quasi il 30% dell’Uem.

 

 Fig. 5. Imprese con accordi di cooperazione per l’innovazione (% sulle imprese con attività innovative di prodotto o processo). Anno 2012

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Fonte: elaborazioni su dati Istat

 

La capacità di un’impresa di produrre innovazione dipende anche dalla qualità della propria forza lavoro. Sono i lavoratori più istruiti, soprattutto se specializzati, a produrre innovazione, sia quella formalizzata nelle attività di R&S sia quella informale predominante nelle piccole e medie imprese. La quota di lavoratori laureati sugli occupati tra i 25 e i 64 anni è del 20,2% in Italia, del 17,3% in Veneto e dello 32,9% nell’area euro (Fig. 6). Basso anche il numero di occupati in professioni scientifico tecnologiche (30,8% in Italia, 28,4% in Veneto e 34,5% nell’ Uem), ma il vero collo di bottiglia è il numero di laureati: se tutti i laureati fossero impiegati in professioni scientifico tecnologiche comunque l’Italia sarebbe ultima, dietro a questa si collocherebbe il Veneto.

 

Fig. 6. Distribuzione degli occupati in base al titolo di studio e alla professione (% sul totale occupati). Anno 2013

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Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

 

In sintesi, a fronte di una quota di imprese innovative non dissimile da quella dei paesi europei, il ritardo italiano in termini di R&S e di capacità brevettuale riflette una capacità innovativa più distante dalla frontiera. In altri termini, in Italia sembra prevalere un modello basato su innovazioni incrementali che richiedono all’impresa un impegno, monetario e organizzativo, inferiore a quello che sarebbe necessario per sviluppare l’attività di R&S e la capacità brevettuale a livelli comparabili a quelli delle principali economie avanzate.

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